La riunione con la Contea di Gorizia e le guerre napoleoniche

Con la morte, avvenuta nel 1717, del principe Giovanni Cristiano d'Eggenberg, con cui il casato si estinse, finì l'indipendenza del­la Contea di Gradisca, che tornò automati­camente sotto il dominio diretto della Casa d'Absburgo e, nel 1754, con il regno di Ma­ria Teresa, fu annessa alla Contea goriziana. Solo nel nome che fu coniato per il nuovo stato, «Unite Principate Contee di Gorizia e Gradisca», rimase la memoria dell’autonomia della città; in realtà essa do­vette accettare da allora in avanti la com­pleta subordinazione a Gorizia.

 

Non solo per i mutamenti politici e ammini­strativi ma anche per la distanza rispetto ai conflitti che intorno alla metà del ‘700 coinvolsero l'Impero, la fortezza di Gradisca perdette anche la sua importanza strategica e finì a poco a poco col ridursi a un insediamento militare minore. In quest’epoca non si attuò alcun amodernamento delle strutture, mentre fu necessario provvedere frequentemente a ri­parazioni nelle parti -cannoniere, ponti levatoi - che erano deteriorate dal tempo e dall'usura. Maggiore at­tenzione fu data invece al problema dei danni causati alle fortificazioni dalle piene dell'lsonzo che intorno alla metà del secolo XVIII si verificavano quasi ogni autunno inondando una vasta zona della campagna gradiscana.

 

Complessivamente, il secolo XVIII fu un periodo senza eventi di rilievo per la fortezza di Gradisca, specialmente dal punto di vista militare-strategico.

 

Il Castello era sede di una guarnigione mo­desta, poche centinaia di soldati (anche nel­la Caserma della Porta di Gorizia era allog­giato però un corpo di guardia) mentre gli ufficiali erano ospitati in case private del centro cittadino. Il Ca­stello fungeva anche da prigione, uso a cui sarebbe stato adibito completamente nel secolo successivo.

 

L'esistenza delle prigioni e la presenza di condannati soprattutto forestieri, aveva fat­to prolificare storie più o meno vere sui pri­gionieri, con le quali la fantasia popolare sopperiva al bisogno di leggende che sem­pre caratterizza la vita attorno a un castello, ma a Gradisca non poteva trovare alimento nelle consuete, favolose vicende medio­evali. La storia più nota (e per nulla inven­tata anche negli aspetti più raccapriccianti) è quella del Conte friulano Lucio della Tor­re, giustiziato nel castello di Gradisca nel 1723, dopo avervi scontato oltre un anno di prigione per essere stato il mandante dell'assassinio della moglie Eleonora di Ma­drisio. Con lui furono decapitati anche i suoi complici, il cugino Nicolò di Strassoldo, esecutore materiale del delitto, e la madre di questi, Marianna, che lo aveva istigato a compierlo per rendere libero il della Tor­re di sposare la propria figlia Ludovica. La vicenda fu causa di molta impressione, non solo tra gli abitanti di Gradisca (a cui furono mostrati, appesi, i tre cadaveri a mo' di terribile esempio) ma anche in tutto il Friuli, dove il conte Lucio, che aveva solo 27 anni quando morì, era ben noto per le tante ribalderie, tanto che era stato bandito dallo stato Veneto e il suo palazzo di Udine era stato bruciato.

 

Nella seconda metà del secolo XVIII lo spi­rito di riforma e di riorganizzazione dello Stato che caratterizzava il regno di Maria Teresa fece migliorare notevolmente anche il sistema difensivo territoriale.

 

Verso il 1780 si decise di potenziare la guarnigione gradiscana, ma le strut­ture esistenti erano insufficienti ad ospitare le quattro compagnie che vi si dovevano acquartierare. Si va­lutò per la prima volta l'opportunità di so­praelevare il cinquecentesco palazzo del Capitano, aggiungendo due piani ai due già esistenti.

 

L'edificio mantenne la pianta rettangolare e le origi­narie quattro torri d'angolo, ma fu modificato nelle proporzioni, assu­mendo una nuova imponenza ed una severità che vennero a mutare radicalmente il suo rapporto con lo spazio circo­stante. Anche il profilo del complesso ca­stellano cambiò col crearsi di un'emergenza nuova che conferiva maggior volume e al­tezza al nucleo fortificato.L’ampliamento rese possibile ospitare oltre cinquecento uomini.

 

Di lì a pochi anni la fortezza appena po­tenziata ebbe l'occasione di essere ancora protagonista di un fatto d'arme, I'ultimo della sua storia: I'assedio, avvenuto il 19 marzo 1797, dell'armata napo­leonica guidata dal Bernadotte.

 

Quando i francesi arrivarono fu ten­tata la resistenza, poiché i gradiscani ave­vano rifiutato l'invito alla resa immedia­ta fatto pervenire dal Bernedotte. La bat­taglia fu aspra e i bombardamenti accaniti da entrambe le parti; per ben due volte gli austriaci riuscirono a respingere l'assalto al­le mura facendo cadere sul campo quasi 1.500 francesi.

 

Gradisca fu costretta a capitolare solo quan­do essi raggiunsero sul Carso il Forte Stel­la e poterono bombardarla dall'alto, ciò che conferma quanto è stato detto a proposito della guerra gradiscana riguardo al pericolo rappresentato per Gradisca dalle alture car­siche. Il giorno dopo lo stesso Napoleone raggiunse la fortezza e vi insediò il quar­tier generale nel bel palazzo de Fin (dove l'evento è ancora ricordato da una lapide), istituendo la Municipalità. L'occupazione francese durò due mesi, durante i quali la popolazione fu costretta a subire la presen­za e la prepotenza di un numeroso contin­gente armato che, andandosene, lasciò die­tro di sé una grave epidemia, causa di molte morti tra i civili, e notevoli danni agli edifici. Quando, alla fine di maggio, i francesi sgomberarono, la popolazione ne fu molto sollevata. Tornando in possesso della fortezza gli austriaci dovettero subi­to impegnarsi in consistenti opere di re­stauro che si protrassero per tutto il 1797.

 

Nel 1805 la guerra si riaccese per iniziativa austriaca e, pur svolgendosi su altri fronti, produsse notevoli conseguen­ze per Gradisca. Con il tratta­to di Presburgo, che interruppe quasi su­bito le ostilità, essa venne assegnata al Regno Italico, i cui confini arrivavano alla linea dell'Isonzo. In seguito a ciò, la fortezza ven­ne a far parte del distretto di Passariano, in cui erano comprese anche altre città for­tificate Palmanova e Marano.

 

Ma nonostante Gradisca si trovasse, dal punto di vista strategico, nella posizione senza dubbio più favorevole rispetto al con­fine del Regno, non fu tenuta in particolare considerazione dal nuovo governo. Un decreto del 1808 del vicerè d'ltalia Eugenio di Beauharnais, che stabiliva quali piazzeforti dovessero accogliere uno Stato Maggiore di Piazza, collocò infatti Gradi­sca fra le piazze di quarta classe (con Osop­po), mentre classificò nella prima e seconda categoria Udine e Palmanova.

 

Conseguentemente nessun intervento signi­ficativo fu deciso per migliorare le struttu­re e vennero effettuati so!o restauri di poco conto nel castello, dove nel 1809 fu costruita una nuova ca­serma, e alla Porta di Gorizia, che fu rimessa in piedi poi­ché era stata distrutta già nel 1797. Non sorprende perciò che due anni dopo—nel 1810—un altro de­creto del Beauharnais facesse decadere de­finilivamente Gradisca dal novero delle piazzeforti e stabilisse la cessione delle for­tificazioni al Comune, al quale, da allora in avanti, sarebbero spettate le spese di re­stauro delle mura, dei ponti e delle fosse.

 

Il dominio francese su Gradisca durò fino al 1813, quando fu rioccupata dagli austriaci per effetto del crollo del Regno Italico. Con il nuovo assetto territoriale austriaco sca­turito dalla Restaurazione, la città si trovò a far parte del Regno lllirico, con Gorizia e Cividale, mentre restava ancora una volta separata dal Friuli, che era stato incorporato nel regno Lombardo Veneto.

Questo sito è stato creato da Maria Masau Dan nell'ambito delle attività svolte tra il 2015 e il 2018 dal Comitato Eggenberg di Gradisca d'Isonzo per ricordare i 300 anni dalla fine della Contea principesca di Gradisca (1717) e costituisce la testimonianza di quelle attività. 

La pubblicazione non ha cessato di esistere dopo la celebrazione dell'anniversario ma mantiene l'obiettivo di diffondere la conoscenza della città e della sua storia non solo nel periodo in cui è stata capitale di una contea principesca (1647-1717) sotto il casato stiriano degli Eggenberg, ma anche prima e dopo.